Biografia
Nata a Gorizia, vive ed opera a Monfalcone. Ha frequentato l’istituto d’arte di Gorizia, è stata allieva di Cesare Mocchiutti, Tino Piazza e Mario Palli.Attualmente insegna Arte e Immagine nella Scuola Secondaria di Primo Grado.
La sua carriera inizia da giovanissima, ha partecipato a numerose esposizioni.
Da una presentazione critica di Lisa Colautti
Il percorso artistico della pittrice, dalle prime esposizioni ad oggi, ha subito un’evoluzione notevole, attraverso tre tappe fondamentali: il contatto con il Surrealismo francese prima, la vicinanza al Gestuale americano poi ed, infine, l’interesse, tuttora manifesto, per il tema delle Metamorfosi. E’ importante, sin da subito, sottolineare come questi momenti apparentemente lontani l’uno dall’altro siano in realtà profondamente uniti tra loro: è un iter evolutivo, quello che sarà qui ripercorso, che ha interiorizzato ed approfondito i significati, non bloccato od ostacolato il cammino.
Le opere riconducibili alla prima fase della sua pittura, quella cosiddetta Surrealista, rappresentano, si potrebbe dire, la realizzazione compiuta delle teorizzazioni freudiane.
Si manifesta, quindi, la necessità di dar voce all’inconscio che dimora nel profondo di ciascun essere umano, non solo durante la notte attraverso il sogno, ma in qualsiasi momento, mediante libere associazioni di immagini, parole, colori e sensazioni, senza freni inibitori. E’ così che diventa possibile realizzare completamente il proprio Io. E’ un autentico bisogno, un’urgenza, ciò che sta alla base del desiderio di trasmettere il proprio mondo interiore, fatto di colore, forza, dolore, ma soprattutto speranza.
Speranza in qualcosa che forse si intravede lontano e irraggiungibile, ma che si può sognare ed immaginare come una “luce accecante, travolgente” che ci “ricompone come per magia”. Le tecniche più usate per dar voce a queste emozioni sono l’olio su tela e l’acrilico su legno, con un uso magistrale del colore e di immagini simboliche che diventano il tramite tra il mondo reale e quello metafisico. E’ così che, pian piano, l’artista comincia ad avvertire la necessità non soltanto di esprimere emozioni, ma anche di provocarne, superando gli schemi accademici tradizionali con un gesto pittorico vivo e audace. Il legame profondo che viene, dunque, ad instaurarsi con la cosiddetta Arte Gestuale o Informale, si può notare dalla violenza dei segni, ottenuti con pennellate decise, spigolose che contribuiscono a creare grovigli di colore, manifestazione concreta di un modo personale di confrontarsi con la realtà.
E’ l’atto del creare che diviene il vero protagonista, permettendo alla pittrice di valorizzare al massimo la sua impulsività artistica. Non è più importante ciò che sarà, ma risulta fondamentale ciò che è, ciò che sta alla base, l’istinto immediato che ha mosso il mare di sensazioni che bagna la nostra interiorità. E’ questa l’arte dell’incomunicabilità, o meglio, del tentativo di comunicare qualcosa di nuovo, che, con l’abolizione quasi totale del pennello, in favore di una stesura più naturale del colore, apra le porte dell’immaginazione.
Così, come è stato più volte affermato in proposito, si “scarica una tensione che si è accumulata nell'artista [...]. Il margine di casualità è minimo: è il pittore che sceglie i colori, ne dosa le quantità, determina con i propri gesti il tipo di macchia che faranno cadendo dall'alto sulla tela”. L’armonia dei colori è stabilita esclusivamente dal contatto che essi hanno con lo spirito di chi dipinge e diviene il tramite con il mondo esterno. E’ un vero potere quello del colore, che provoca effetti fisici, soprattutto, psichici, facendo vibrare l’anima di chi guarda. Non è un caso, infatti, che, eccetto le primissime tele, nella maggior parte di esse dominino incontrastate le tonalità calde che, con la loro luminosità, contribuiscono a veicolare una sensazione di eccitazione, gioia, vitalità, forza e potenza. Osservare i colori è una vera e propria percezione, come assaporare una pietanza o ascoltare dei suoni e ciò che se ne ricava è un qualcosa di strettamente personale, che cambia da soggetto a soggetto.
E’ possibile notare, però, che cromatismi come il rosso, l’arancio, l’ocra o il fucsia, che paiono “avanzare”, dando l’idea di venire incontro all’osservatore, in genere trasmettano una radiazione positiva, che sembra letteralmente “riscaldare” l’animo di chi osserva. Spesso questo tipo di pittura, fatta essenzialmente di emozione e spontaneità, si spinge oltre l’intento estetico, per dar voce ad agitazioni, angosce, paure e speranze che alimentano il complesso delle tensioni umane. Ciò che, a prima vista, può sembrare puro, semplice, lontano astrattismo, in realtà non è altro che il modo più adatto per tentare di spiegare il mondo in cui viviamo, la realtà che ci circonda e che spesso non si riesce a comprendere.
A oggi, l’interesse dell’artista si è focalizzato su un altro fronte, che la porterà a trattare con la sua vena pittorica una delle tematiche più care alla tradizione artistico – letteraria: la metamorfosi, intesa come spazio di libertà e via di fuga da una condizione troppo rigorosamente definita o soffocante, come forma di disumanizzazione e perdita della propria identità, o ancora come strumento per far emergere una parte nascosta del proprio io. Ispirata dalle bellezze paesaggistiche e culturali incontrate durante un viaggio a Creta, l’artista ha deciso di realizzare una serie di dipinti in cui padrona è la fusione tra esseri, la compenetrazione tra sinuose anatomie di un corpo femminile ed eleganti membra vegetali, la magia di trasformazioni che da secoli affascinano e rapiscono l’interesse umano.
Ci si trova, dunque, nuovamente di fronte ad un reale che sembra lontano, ma che in realtà è molto vicino, in un susseguirsi di forme che, racchiudendone una e realizzandone un’altra, tentano nient’altro che il compimento di un’unica forma fondamentale: la vita. Soulworks: un inno alla vita, un’espressione personale e profonda di ciò che rappresentano per Patrizia Panteni le pulsioni umane, in tutta la loro forza e vitalità. E’ questo che trapela dalle tele, è ciò che le pennellate sembrano talvolta urlare, talvolta sussurrare a chi le osserva: è la rappresentazione soggettiva di un mondo… l’oggettivazione del Suo grande mondo.